Rosso con stampa floreale: la prospettiva del cane

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Photo by Irina Zhur on Pexels.com

(Racconto in appuntamenti seriali – questo è il terzo)

Non so perché ma quell’umana è tornata più volte a farmi visita. Mi faceva uscire dalla gabbia e passeggiare fuori dal canile, nel verde intorno, senza perdermi mai di vista. Io l’avevo capito e ogni volta che la vedevo arrivare da dietro le sbarre, ero un po’ più contenta della volta prima. Quando si chinava per infilarmi la pettorina io mi mettevo sulle zampe posteriori e le davo una zampa, per farle capire che ero d’accordo con lei, che stava facendo bene…

Quando mi lasciava libera in quel recinto dove tutti gli umani che hanno l’odore del canile ci lasciano liberi, io mi rotolavo sulla schiena e mi agitavo tutta ma lei la prima volta che l’ho fatto mi è corsa incontro ad accarezzarmi la pancia…Io mi sono ghiacciata, io non pensavo che lo facesse, io non pensavo che le piacesse, tanti non si avvicinano, pensano che magari io sia strana, io lo faccio per me, non per cercare l’attenzione degli umani ma la sensazione che mi ha dato però mi è piaciuta tanto…Da quelle prime carezze ce ne sono state tante altre, l’umana veniva a portarmi fuori e poi mi rimetteva in gabbia. Poi ha iniziato a fermarsi in gabbia anche lei, con me, nella mia gabbia circondata da quegli altri ad abbaiare ma lei non sembrava preoccupata o infastidita, lei guardava me, si sedeva sullo scalino di cemento e mi chiamava a sé…

Io non sapevo che fare, quella era casa mia, il mio territorio ma anche se lei se ne sentiva padrona a me piaceva…Mi guardavo intorno, davanti nel recinto grosso c’era sempre qualcuno che doveva sbollire e io lo controllavo ma l’umana non se ne curava…Mi parlava e poi cambiava tono di voce, con una cadenza ritmata e ripetitiva, un segnale che seguiva uno schema preciso e si ripeteva con modulazioni di tono…A me piaceva, era rilassante e mentre lo faceva mi accarezzava…A un certo punto non ho più mantenuto le distanze e mi sono adagiata con la pancia a terra e il muso sulle sue gambe, lei era seduta sul cemento e sentivo con il muso il calore del suo corpo e il calore di quella voce ritmata…

Dopo tante altre visite un giorno è venuta ma quella volta non è passata dal cancello della gabbia, ma dalla porta dietro, quello dove c’è la mangiatoia delle crocchette. È entrata con l’altra umana, quella che sa tanto di canile e mi ha fatto tante carezze mentre io cercavo di mangiarmela dalla gioia. Non sapevo cosa sarebbe successo ma ora so che quel giorno non lo dimenticherò mai.

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