Un funerale è una questione (est)etica

Funeral Party - Foto Movieplayer.it
Funeral Party – Foto Movieplayer.it

Ho sempre invidiato la convivialità dei funerali anglosassoni.

Non so come facciamo, inglesi ed americani a trovarsi insieme dopo la cerimonia funebre, banchettando con insalata di patate, arrosto di tacchino e zuppieroni portati dalle caritatevoli vicine di casa. Mangiare ad un funerale, facendo commenti di circostanza, mi sembra peggiore di una seduta dal dentista ma forse  condividere il dolore in un contesto di assoluta normalità, come quello del convivio, può essere un modo per lenirlo, strappandolo alla singolarità dell’evento doloroso.

Quello che però invidio davvero dei funerali anglosassoni è l’estetica rigorosa del dress code.

Non prendetela come un puntiglio glamour ma di fronte ad un caro che se ne va il rispetto, per lui/lei e per il dolore dei suoi cari, va accompagnato da un abbigliamento adeguato. Che sia estate o inverno, con 40° gradi all’ombra o temperature polari indossare un abito scuro è il minimo che si possa fare, in fondo c’è un’estetica ed un codice di abbigliamento per ogni cerimonia, dal matrimonio al battesimo, funerali compresi.  E non provate a dire che siete talmente distrutti dal dolore da non poter rinunciare a ciabatte e bermuda, perchè il dolore resta sia in ciabatte che in mocassino, quello che cambia è il decoro verso il caro estinto e i suoi famigliari.

Vedere una chiesa affollata di mise ordinarie, alcune addirittura sgargianti, di abiti dai tessuti che sembrano dire “non vedo l’ora di uscire da qui” è un fastidioso pugno allo stomaco. Il nero, soprattutto se non è un colore che si indossa abitualmente, racconta di te e del tuo dolore, grande o piccolo che sia, nella compostezza silenziosa di un’assenza di colore.

 

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