
Waterface è uno spettacolo narrativo musicale che ripercorre, partendo da tre album fondamentali nella storia di Neil Young (Time Fades Away, Tonight’s The Night e On The Beach [n.d.r. la cosiddetta trilogia del dolore), un periodo complicato e controverso che si protrarrà per circa due anni e che, per diversi motivi, lascerà un segno profondo nella carriera del rocker canadese, mutando completamente l’immagine stereotipata del cantautore presso il pubblico.
Quando Pier Angelo Cantù mi ha parlato del suo progetto teatrale-musicale Waterface su Neil Young sono rimasta piacevolmente colpita. “La storia ha inizio all’indomani del grande successo mondiale ottenuto con Harvest (1972) e termina con la pubblicazione di Zuma (1975), passando attraverso crisi personali e artistiche, traumi e lutti”. Colpita dalla scelta dell’argomento, dall’intenzione di portare sul palco album “difficili” della discografia di Neil Young, al di sopra della ricerca del favore del pubblico e dichiaratamente tristi.
Tristi sì, come in tanti hanno paura di essere e come chi si trova impotente di fronte a realtà drammatiche. Così è successo a Neil Young

dopo la perdita di due amici, compagni di avventura nel viaggio della musica e persi sul binario dell’eroina come Bruce Berry e Danny Whitten. Triste, come Neil Young nel suo periodo di massima distanza ed apparente incomunicabilità con il pubblico.
La tristezza spaventa e se ci pensate bene musicalmente è un gran deterrente: chi ha voglia di comprare album tristi? Tuttavia trovo che ci sia un fil rouge che accomuna la verbalizzazione, in parole e musica, del dolore da parte degli artisti.
Un percorso simile a quello di Neil Young e la sua trilogia del dolore l’ho trovato anche nella discografia di Mark Oliver Everett, meglio conosciuto come Mr. E, fondatore e leader degli Eels. Dopo la morte suicida dell’amata sorella Liz, Mr. E compone Electro-Shock Blues, un album dedicato esplicitamente a quella perdita dolorosa, dettagliando la pena vissuta dal cantante, i sentimenti al funerale e l’amore fraterno da sempre nutrito nei confronti della sorella.

L’allora manager di Mr. E, un certo Carter, quando ascoltò per la prima volta “Going to your funeral” “Cancer for the cure” e “Hospital Food” gli disse senza giri di parole che non gli piacevano affatto e che “Nessuno vuole ascoltare un album che parla di morte”. Nonostante la stima che nutriva per il mentore Carter Mr. E era deciso a comunicare quel dolore, che “quella era la priorità e non vendere dischi” ed Electro-Shock Blues vide la luce, abbandonando la gestione di Carter come manager.

Forse è un caso ma riprendendo in mano l’autobiografia di Mark Oliver Everett “Things the grandchildren should know” da cui ho tratto i passaggi sopra, il libro si è aperto alla pagina che cita Neil Young e l’album Zuma, uno dei riferimenti musicali di Mr. E e della sorella Liz. Un giorno E si ritrovò a Zuma beach senza sapere bene perchè, la spiaggia era deserta ed era attratto dall’avanzare delle onde “L’unica cosa che riuscivo a sentire era la necessità di addentrarmici dentro e continuare a camminare finchè non fossi stato sott’acqua”.Zuma di Neil Young, appunto, l’album che conclude il racconto nel reading recital teatrale Waterface.
Credo che sarà proprio il “caso” che vada a vedere Waterface, il 17 aprile ad Agrate Brianza o il 19 aprile a Rimini o nelle prossime date che si aggiungeranno. Se siete interessati maggiori info sulla pagina ufficiale Facebook di Waterface.