Infrangibile

[frango], frangis, fregi, fractum, frangĕre [frango], infrangere, rompere, fracassare

E’ successo. Quello che da tempo stavo temendo è successo. Quello che tormenta i sogni di molti quando prendono le sfumature dell’incubo è successo. Sono caduta.

Si cade. Dall’alto verso il basso. A volte in discese infinite, angosciose, senza fondo: sono quelle degli incubi notturni. Sono quelle dei momenti difficili che dall’inconscio ci mandano segnali.

Dall’alto verso il basso. Temevo uno schianto forte. Temevo di rompermi in mille pezzi. Temevo di essere di cristallo.

E invece no.

Niente di tutto questo. Ho scoperto che non sono così debole come pensavo. Ho scoperto di essere fatta di muscoli e tendini e non di Bohemia o sale cristallizzato.

Ho scoperto paure che non sapevo di avere grazie alla pole dance. Ed ho scoperto che morirò sì un giorno, ma non di Scorpio. Non sarà cadendo dal palo agganciata in Scorpio perché così non è la fine di nulla, anzi se mai è il principio di un allenamento sempre più faticoso, sempre in salita.

Senza scorciatoie perché di immediato nella pole dance c’è ben poco. C’è il sudore, facile ed immediato, quello sì. Il sudore della fatica che scende a frotte, incontrollato. E c’è anche quello della paura, quello che ti fa sudare le mani proprio perché sai che così non deve essere, quello che si insidia tra le cosce in una presa sempre meno sicura e che di nuovo, ti fa temere di cadere.

“I’m worse at what I do best and for this gift I feel blessed” cantava Kurt Cobain, anche se di benedizione nello sbagliare le cose che proprio non si deve io ne ho sempre provata poca, che la poesia ed il lirismo dei suoi versi sono un’altra cosa rispetto ad una deludente realtà.

Comunque, tornando alla nostra (?) paura di cadere che si insinua proprio nel momento peggiore finisci per capire che non cadrai e allora stai lì, appesa con tutte le tue forze e scopri che c’è un altro modo di vivere le cose, diverso da quello che tu pensavi.

Scopri che non sei fragile come un soprammobile di porcellana ed a quel punto, vuoi andare oltre.

Sai che non ti infrangerei in mille pezzi come un fantomatico specchio delle favole e cominci a trovare soddisfazione solo quando hai di nuovo paura di cadere e di infrangerti, ed hai voglia di essere smentita, hai voglia di smentire te stessa.

“Quando prendi un paio di pugni e ti accorgi di non essere di vetro, non ti senti vivo finché non ti spingi fino al tuo limite.”

Matt Buckner (Elijah Wood) dal film “Hooligans

Qual è il legame tra violenza e paura? A prima vista potrebbe sembrare una domanda retorica, quasi stupida. E’ un legame di causa effetto, la violenza genera paura, ovvio. Chi usa la violenza verso gli altri lo fa per sopraffare, per soggiogare nella paura e tenere in scacco la vittima. Tuttavia credo che tra le due ci sia anche un legame diverso, quasi perverso, di analogia nella loro “riproduzione” ed auto-sostentamento.

C’è qualcosa di ammaliante nell’esercizio della violenza, simile, se non addirittura uguale, alla sensazione che si prova nel superare le proprie paure. La stessa sensazione di aver battuto qualcosa, di essere stato più forte.

Ed in entrambi i casi il passo successivo sembra essere il voler alzare quell’asticella, il punto di arrivo che inesorabile si sposta verso un obiettivo più violento e pauroso ancora.

Come mi sia tornato alla memoria Hooligans, un film che racconta la vita delle firm del calcio inglese, appesa al palo a testa in giù è un miracolo di sinapsi che non mi so spiegare se non con l’analogia violenza-paura di cui sopra.

Eppure il collegamento mentale c’è stato. E non mi sono infranta.

Che ne pensate? Aspetto di sapere come la pensate in merito allo strano rapporto di violenza e paura e se vi va di raccontarmi le vostre paure.

Disclaimer: Se ci fosse bisogno di sottolinearlo questo post non è un inno alla violenza nella maniera più assoluta. 

Love, love, love. Love is all you need.

 

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