
Polpette
“Sheena is a punk rocker” Yeah Yeah Yeahs
“Marta, può venire nel mio ufficio?”
“Sì certo, subito”.
Così dicendo Marta recuperò il fascicolo che prima teneva stretto in mano con la sacralità delle tavole antiche, testimonianza di un passato di civiltà perduto. Aveva lavorato a quella presentazione per giorni da quando aveva saputo del posto vacante nell’ufficio dirigenziale, questa era la sua occasione, la “sua” promozione. Da giorni si diceva che Minardi fosse prossimo a svelare il nomde del prescelto o la prescelta, non c’era da fare altro che aspettare la chiamata. Marta era preparata, con esperienza e nessuno in ufficio era più idoneo di lei.
Scostò la sedia e si alzò avvicinandosi alla porta dell’ufficio del direttore prima di ricevere lo scontro frontale con un invisibile tir che si era materializzato proprio di fronte a lei “Marta, volevo dirle che ha fatto un’ottimo lavoro con l’ultima acquisizione, ecco le restituisco il materiale. Ora per cortesia mi manderebbe qui Isabella, devo notificarle il passaggio all’ufficio dirigenziale. Grazie.” “Certo” si sentì dire anche se in quel momento non sapeva chi avesse parlato, se lei o qualcuno al suo posto. Forse la sua coscienza, forse un super-io, poteva essere stata pure la fata dei dentini ma in quel momento Marta non lo sapeva, sentiva solo un forte dolore alla testa.
Adesso il quadro prendeva forma sotto i suoi occhi. I tasselli del puzzle in cui era inciampata negli scorsi mesi ora cadevano a combaciare in un’unica immagine di insieme: lei sarebbe stata un rimpiazzo calcolato, su misura e con scadenza.
“Lei è brava, ci piace, vogliamo che continui a lavorare per noi”
La stima veniva prima di qualsiasi cosa, di una promozione, di un contratto scritto e siglato, purché fosse vera. Quel giorno Marta capì di aver vissuto per mesi in una frode ben congelata che adesso cambiava forma, come una bistecca lasciata a scongelarsi nel lavandino.

Si diresse verso il suo ufficio, quella stanza che si era preparata ad abbandonare sicura di trasferirsi in un altro reparto, a “giocare” con i bambini più grandi. Prese il cappotto sotto braccio, inanellò la borsa a spalla e guardò le sacre tavole un’ultima volta prima di infilarle con violenza nel distruggi-documenti.
Avviandosi verso l’uscita passò davanti all’ufficio di Isabella intenta a ripassarsi il rossetto davanti alla self-camera dello smartphone. “Isabella, Minardi ha detto che puoi prenderti il pomeriggio libero, è con dei clienti e non vuole essere disturbato per nessun motivo. “Mmmmm” si limitò a dire l’altra con le labbra sigillate, intenta a fissare il pigmento del colore.
Marta pensò che con quell’uscita anticipata avrebbe avuto tempo per fare la spesa, il frigo era in effetti semi-vuoto e sapeva di aver bisogno di comfort-food per alleggerire il pensiero delle proprie dimissioni. Si sarebbe trovata senza lavoro ed alla ricerca di un nuovo impiego, di una nuova brigata con cui fare squadra. Decise di mettere da parte il pensiero e dedicarsi alla cena.
Di fronte all’insegna del supermercato però l’auto non si fermò, un’inconscia risoluzione la portò direttamente a casa.
C’era un avanzo di arrosto nel frigo che aspettava solo di ricevere nuova forma. Un po’ come Marta, una nuova forma, una nuova vita.